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Gli oli profumati in età romana

Gli oli profumati in età romana

Già 5000 anni fa l’uomo aveva messo a punto diverse tecniche per estrarre gli aromi dalle diverse sostanze odorose, scoperto i luoghi più lontani da cui far arrivare le materie prime rare e pregiate e compreso le proprietà delle varie piante, fiori e radici presenti in natura.

Nel corso del tempo larte profumiera si diffuse e raffinò sempre di più, tanto che nel mondo romano i profumi spopolavano, senza distinzione di genere e ceto sociale: donne e uomini se ne servivano per sedurre, curare diverse affezioni, esprimere il proprio rango, pregare gli dei. L’uso che ne facevano era ben più ampio del nostro, non limitandosi alla sola sfera della seduzione, ma impiegandoli in ambito religioso, medicinale e sociale.

Questa passione arrivò in alcuni casi anche all’eccesso, come narra Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia: “Eppure qualcuno ormai, per Ercole, li mischia anche alle bevande, e il loro aspro aroma è tenuto in così grande considerazione che il corpo trae piacere dall’abbondante odore sia all’interno che all’esterno.”

Le proprietà curative degli oli profumati, in particolare, mostrano come il confine fra arte profumiera e farmacopea fosse molto sottile, tanto che tra profumieri e “farmacisti” il legame era molto stretto: secondo Cicerone a Capua erano proprio gli unguentarii a fornire le medicine ai medici.

In alcuni casi venivano utilizzati gli oli ricavati da una sola sostanza odorosa, ma per la maggior parte  i profumi erano composti da molti ingredienti, a volte anche qualche decina. Già con il secondo e primo secolo a.C. i legni profumati come il cedro, il cipresso o il ginepro, popolari nel secondo millennio a.C., erano caduti in disuso, sostituiti da fiori come rosa, lavanda, iris, citronella e resine, tra cui franchincenso, mirra e cinnamomo.

La fragranza più amata fu senza dubbio il Rhodinum, realizzato con i petali di rosa, che venivano immersi nell’olio caldo diverse volte, fino ad ottenere l’intensità desiderata: per ogni nuovo bagno se ne dovevano utilizzare ben mille.

C’era poi il Crocino, il profumo di zafferano, cui si aggiungevano cinabro, ancusa e vino nonché il profumo di maggiorana con agresto e calamo aromatico. Esistevano altresì profumi ricavati dalla frutta, come il Melinum, ricavato dalle mele cotogne con agresto, olio di henna, olio di sesamo, balsamo, giunco profumato, cannella, abrotano.

Ciascun ingrediente contribuiva a creare l’essenza finale e a seconda della sua natura – fiore, radice, resina – era necessario trattarlo in modo differente, affinchè rilasciasse il suo profumo senza alterarsi.

L’estrazione poteva avvenire tramite spremitura, macerazione a freddo o a caldo mentre la vera e propria distillazione, nota anche prima dell’età romana, per ragioni ancora non del tutto chiare non veniva praticata; solo con il Medioevo gli europei riscoprirono la vera distillazione, entrando in contatto col mondo arabo, e iniziarono a praticarla abitualmente, tanto che a tutt’oggi, pur con i dovuti adattamenti, rimane il fondamento dei processi estrattivi.

Di Mariarosa Lommi, Micaela Bertuzzi ed Elisa Ponzi

ARTI E PENSIERI

Chiara Mazzetta
chiara@chiaragoodlife.com